unnamed(UNWEB) ASSISI – “Non vi scoraggiate di fronte alle fatiche di ogni giorno: non temete di volare alto e di centrare tutto sul Vangelo di Gesù”. Lo ha detto il vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino, durante il Pontificale da lui presieduto martedì 12 agosto per la solennità di San Rufino, patrono della città di Assisi e della diocesi. Alla solenne celebrazione nella cattedrale assisana, animata dalla Cappella musicale di San Rufino, erano presenti le autorità civili e militari e anche della Regione, della Provincia e degli altri Comuni della diocesi.

Il vescovo ha tracciato un excursus del suo ventennio da presule: “Mi ricordo il primo momento in cui ho celebrato la festa di San Rufino, quel giorno mi colpì il busto in modo particolare. Mi aspettavo una grande statua, un volto che guarda il suo popolo e invece mi ha colpito che fosse solo un busto, che mi ha dato la sensazione del martirio, che non avrei dovuto temere. E nessuno lo deve temere, è la nostra condizione di cristiani battezzati e di pastori. E poi mi ha fatto una grande impressione che San Rufino guardi verso l’alto e in avanti: queste tre cose diventarono come un piccolo programma: guardare verso l’alto, o volare alto, non accontentarsi del poco ma andare in profondità e chiedere il più possibile, secondo il Vangelo; e poi andare avanti, perché le cose della vita si vedono meglio dopo”.

Sorrentino ha anche tracciato un bilancio (“O meglio, mi sono immaginato che lo tracciasse San Rufino dai cielo”): “Il primo sguardo, chiamiamolo panoramico, è quello che rende un pastore felice, con una Chiesa che oggi attrae il mondo; ma se ci concentrassimo sulle singole cose, come se fosse una visita pastorale, mi è parso che quello di San Rufino sia diventato uno sguardo perplesso: ha trovato cose bellissime, sacerdoti meravigliosi e tanti religiosi e comunità; ma se prima nelle case la fede veniva trasmessa, ora è come compressa e soppressa dall’inondazione di pensieri e immagini e di culture che vengono veicolate in maniera velocissima, che riempiono le mura e i cuori. Ma San Rufino ha insegnato la fede vera e certa e che Gesù deve essere il nostro tutto, ma questo lo si pratica poco; e poi anche le famiglie spesso non sono più tali, nelle case c’è una sola persona, e non ci sono giovani, nonostante tanti siano venuti per il Giubileo. Insomma, mi sarei aspettato che San Rufino mi tirasse le orecchie, perché nel mio ventennio da pastore non ho riportato nella diocesi entusiasmo, giovani e famiglie. Ma come ho detto, non bisogna temere il martirio: come diceva Tertulliano, ‘il sangue dei martiri è seme di Cristiani’, e non lavoriamo per noi, ma per il Signore che ha modi di vedere molto diversi dai nostri. E quindi non vi scoraggiate di fronte alle fatiche di ogni giorno, non temete di volare alto e di centrare tutto sul Vangelo di Gesù: ‘aspirate alla santità, a niente di meno’, come ha detto papa Leone; dobbiamo ritornare a Gesù, metterlo nelle nostre case, sulle nostre bocche e nei nostri pensieri e bisogna guardare lontano, oltre la punta del naso: siamo fatti per l’infinito e per un futuro che è ricco di speranza. È questo il messaggio del busto, che ci apre il cuore e ci fa andare oltre le piccole fatiche di ogni giorno”.


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