(UNWEB) L'Assemblea legislativa dell’Umbria ha discusso questa mattina l’interrogazione a risposta immediata del consigliere Francesca Peppucci (Lega) che chiedeva alla Giunta regionale la “possibilità tecnica, economica e giuridica per la costituzione e l’operatività di una filiera della carne di cinghiale in Umbria e quali interventi adottare per stabilirne i requisiti igienico-sanitari, la tracciabilità e la qualità, al fine della sua realizzazione”.

Illustrando l’atto in Aula Peppucci ha detto che “la presenza di ungulati in Italia ha ormai raggiunto numeri preoccupanti. In particolare in Umbria si stima che il numero di cinghiali selvatici abbia superato i 100mila esemplari per effetto di una proliferazione incontrollata che genera ogni anno ingenti danni in termini di raccolti distrutti, bestiame ucciso, cedimenti infrastrutturali e perdita della biodiversità. La carne di animali selvatici non viene venduta nelle macellerie, ma soltanto nei supermercati, dove si acquista congelata e di provenienza estera. Per tale motivo, diverse Regioni hanno da tempo adottato interventi per favorire la commercializzazione della carne di animali selvatici, anche se in Italia non si è ancora sviluppata una filiera controllata della selvaggina selvatica che potrebbe in realtà rappresentare una risposta efficace alle strategie che mirano a ridisegnare l'agricoltura in chiave sostenibile e resiliente, contrastando anche le tante forme di illegalità riscontrate nella commercializzazione di tali prodotti. Attivando anche in Umbria il progetto di filiera sarà possibile trasformare il problema in un’opportunità economica in termini di posti di lavoro, integrazione del reddito delle aziende e valorizzazione del territorio. Infine, attraverso una filiera controllata e certificata, si può fare emergere un consumo regolare e sicuro per il consumatore, salvaguardando allo stesso tempo gli allevatori dalle conseguenze economiche e le restrizioni commerciali che potrebbe comportare il diffondersi della peste suina”.

L’assessore Morroni ha risposto che la legge 157/92 stabilisce che la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato e il cacciatore se ne può impossessare attraverso l’esercizio dell’attività venatoria. I capi abbattuti durante la caccia diventano proprietà di colui che li ha abbattuti che ne può disporre l’utilizzo in auto consumo o cederli a terzi secondo precise modalità. Per garantire il rispetto delle norme sanitarie, la Conferenza Stato regioni ha approvato (marzo 2021) le linee di guida in materia di igiene delle carni di selvaggina selvatica prima di essere messe in commercio. Sono in corso di approvazione le linee guida regionali. Una filiera delle carni di selvaggina, per avere una sostenibilità operativa ed economica deve avere una regolarità di rifornimento della materia prima, che non può essere basata sull’attività venatoria. Nelle attività di controllo e contenimento della specie cinghiale, invece, la proprietà dei capi abbattuti, durante le operazioni, rimane della Regione. In questo caso possono essere organizzate forme di sfruttamento della risorsa selvaggina che garantiscano un flusso regolare e costante consentendo l’immissione sul mercato di carne pregiata ed il recupero di somme da utilizzare nella gestione faunistica, compreso l’indennizzo dei danni causati all’agricoltura. Pertanto, l’attivazione di questa filiera è auspicabile e fattibile. Gli uffici dell’assessorato stanno lavorando da tempo ad una proposta di filiera ed il progetto è pressoché pronto. Nel mese di febbraio sarà oggetto di confronto con le associazioni del mondo venatorio e quelle del mondo agricolo con l’intento di addivenire alla messa a punto di un percorso virtuoso che rappresenta un’opportunità per il territorio regionale”. Morroni ha ampliato il suo intervento rimarcando che “rispetto alla caccia al cinghiale, la legge dello Stato italiano prescrive che ci sono tre mesi di attività. Viene previsto che l’attività può proseguire non con la caccia, ma di contenimento e controllo. Voglio anche sottolineare che nelle zone dove è stata riscontrata la presenza di peste suina è stata inibita l’attività di caccia”.

Nella replica, Peppucci si è detta soddisfatta dalla risposta dell’assessore rispetto alla possibilità della realizzazione della filiera. “Si tratta – ha detto – di un problema che si traduce in opportunità ed in valorizzazione del territorio”.


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