(ASI) Perugia - Nel corso del quarto giorno di conferenze a Perugia, i principali ospiti del festival si sono principalmente occupati di Medio Oriente e di come evitare superficialità e banalizzazioni raccontando la cronaca di questa regione.
Il primo intervento del giorno è stato quello di Susan Dabbous, Richard Colebourn e Christian Elia, tre giornalisti che conoscono a fondo il conflitto Israelo-Palestinese.
In ogni passaggio, quasi con ironia, hanno ammonito sul forte pregiudizio che condiziona il tema.
"È quasi buffo da dire - ha raccontato Dabbous - Bisogna essere soddisfatti se dopo aver scritto un pezzo l'onda delle critiche sia bilanciata tra lettori arabi e lettori israeliani. Solo allora saprai di aver scritto un pezzo imparziale".
"È incredibile - risponde Elia - Di altri temi nessuno sa nulla, eppure di Israele e Palestina tutti sanno tutto e hanno un'opinione senza averne letto nulla."
Nel corso della giornata è stato toccato più a fondo il tema dell'emergenza migratoria, ma sempre mettendo in guardia sul rischio di conclusioni affrettate.
Barbara Serra di Al Jazeera English ha prima moderato l'attivista Iyad El-Baghdadi, poi nel pomeriggio ha fornito il suo punto di vista internazionale a un dibattito in compagnia di Corrado Formigli di La7 e Francesca Paci de La Stampa di Torino.
Proprio Formigli ha parlato delle difficoltà della televisione nel narrare questi temi senza strumentalizzarli, ma ha, allo stesso modo, difeso la tv attraverso il dovere di parlarne per sensibilizzare il pubblico.
Su tutti gli incontri però, se alternativi sono stati due incontri nella Sala del Dottorato per parlare dello stato di salute, o di non salute dei media, prima in Russia e poi in Spagna, nettamente più toccante è risultata la testimonianza di Perer Greste, l'evento più seguito del giorno.
Intervistato da Marina Petrillo di Reported.ly, il corrispondente di Al Jazeera ha prima parlato della libertà di stampa nel mondo, ma ha poi soprattutto raccontato i suoi 400 giorni di prigionia.
Fino a pochi mesi fa infatti, Greste era tra i tre giornalisti arrestati in Egitto semplicemente per aver raccontato gli sviluppi politici del Paese dopo le Primavere Arabe, e per questo accusati di essere simpatizzanti dei Fratelli Musulmani al Cairo.
Se Beppe Severgnini ha infine narrato in serata i nuovi linguaggi del giornalismo attraverso Twitter, è stato però Peter Greste ad aver ravvivato il Festival, rianimando il vero spirito vocazionale di questa professione.
Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italia