Lupi e cinghiali non smettono di colpire: territori a rischio abbandono. Serve piano nazionale per la gestione delle specie selvatiche

(UNWEB) Non solo danni dei cinghiali nelle campagne, ma attacchi di lupi che si verificano sempre più spesso in tutta la regione: aziende agricole assediate e tanti territori che rischiano un’inesorabile abbandono con lo spopolamento delle campagne. È l’ennesimo allarme lanciato dalla Coldiretti Umbria che anche negli ultimi giorni ha raccolto il forte malcontento e la disperazione di tanti imprenditori agricoli per attacchi che vanificano sistematicamente il loro lavoro, colpendo allevamenti di animali e coltivazioni.

Non è più rinviabile il piano nazionale per la gestione delle specie selvatiche - spiega il Presidente Coldiretti Umbria Albano Agabiti. Nonostante i sistemi di protezione messi in atto, gli allevamenti non possono più resistere ai ripetuti attacchi dei lupi la cui presenza è aumentata negli ultimi anni. Una situazione non più tollerabile, al pari dell’invasione dei cinghiali, che rischia di far chiudere le imprese. È necessario - aggiunge Agabiti - potenziare gli sforzi per monitorare il “fenomeno” lupi anche in Umbria, tenendo conto del loro habitat naturale in un’ottica di coesistenza con l’attività umana. Servono soluzioni da parte delle Istituzioni ai vari livelli - ribadisce Agabiti - per contrastare una situazione inaccettabile, così come un impegno concreto con un sempre più adeguato sostegno pubblico a idonei sistemi di difesa e un rapido ed equo rimborso dei danni. Il rischio vero oggi è - conclude Agabiti - la scomparsa della presenza dell’uomo dalle montagne e dalle aree interne per l’abbandono di tante famiglie a cominciare da quei giovani che hanno scelto l’agricoltura come mestiere.

Se sul “fronte” lupi - ribadisce Mario Rossi Direttore regionale Coldiretti - la situazione sta peggiorando rapidamente, su quello dei cinghiali l’emergenza si protrae da decine di anni, con coltivazioni perennemente danneggiate e pericoli pure per la pubblica sicurezza, per non parlare del rischio “peste suina” con le possibili implicazioni per il comparto suinicolo. Serve una sterzata vera sul contenimento della specie, puntando anche a potenziare la formazione per il personale preposto, ma pure, come chiediamo da tempo, mettere a punto la filiera del cinghiale per la commercializzazione e tracciabilità delle carni, che stenta a decollare a causa di lungaggini burocratiche. Quando parliamo di queste problematiche - precisa Rossi - ci riferiamo non solo ai danni economici diretti e indiretti per centinaia di imprese agricole umbre, ma anche ai pericoli che si amplificano a dismisura per la “tenuta ambientale” della nostra regione, con il 100% di Comuni a rischio idrogeologico. Senza la presenza degli agricoltori, spinti all’abbandono per l’assedio delle specie selvatiche infatti, si perderebbero i primi custodi e manutentori dell’ambiente, lasciato sempre di più alla mercé dei cambiamenti climatici e di quei fenomeni di erosione e devastazione che purtroppo con frequenza ormai sistematica colpiscono il nostro Paese.